Il massiccio che separa il Casentino dal Valdarno si estende in direzione nord-sud dal Monte Secchieta fino a Monte Lori. Questa catena montuosa è caratterizzata da prati verdi e rigogliosi sulla cima, e foreste sui fianchi della montagna. Su entrambi i lati sono presenti strade sterrate panoramiche percorribili anche in auto. Nel lato casentinese si può partire da Quota e raggiungere il Monte Secchieta, osservando la vallata di Bibbiena e i monti sullo sfondo. All'altezza della celebre Croce del Pratomagno, è presente un piccolo traforo che mette in comunicazione questa strada con quella del versante Valdarnese, che dall' Anciolina (provenendo da Loro Ciuffenna) percorre il fianco della montagna e porta alla Croce del Pratomagno.
Il massiccio del Pratomagno è un territorio molto esteso, comprende ben 18 comuni: di cui 10 in Casentino, 6 nel Valdarno Superiore Aretino e due in quello Fiorentino. Il Pratomagno è chiuso e delimitato alla base dalla grandissima ansa che l’Arno forma nella prima parte del percorso e divide il Valdarno dal Casentino, percorrendo uno fra i tanti sentieri che si snodano nella montagna possiamo ammirare scorci di rara bellezza sul Casentino o sul Valdarno. Nelle giornate più limpide potremo scorgere le catene montuose dai Sibillini al monte Amiata, al Chianti, alle Apuane, agli Appennini che chiudono il Casentino.
Se vogliamo fare del trekking, il Pratomagno ci offre decine e decine di chilometri di sentieri, regolarmente segnalati, il paesaggio è molto interessante sia dal punto di vista naturalistico che storico-ambientale. Il crinale è percorso dal sentiero principale: n.00 e la sigla CT(Casentino Trekking) segue la direttrice SE-NO dal passo della Crocina al Passo della Consuma con uno sviluppo di ben 37 chilometri. La vetta più alta è il monte Pianellaccio con una quota altimetrica di 1592 slm. Il versante sud-occidentale, quello che si affaccia sul Valdarno Superiore, è aspro e soleggiato, mentre quello nord-orientale che è rivolto verso il Casentino è ombroso e umido. Infatti da questo lato, la neve che cade durante l’inverno rimane a lungo sulle pendici.
Inoltre gli appassionati di ferrate, troverannno sul Pratomagno la ferrata "Romana Nesi" costruita nel 1992 dal CAI di Arezzo con lo scopo agli appassionati di allenarsi, ma allo stesso tempo viene usata per insegnare questo sport ai principianti. Infatti la peculiarietà di questa ferrata sta nel fatto che volendo possono essere aggirati i tratti più difficili, l'andamento è fatto a gradoni che alternano tratti verticali di ferrata a tratti erbosi di modesta pendenza.
Da sempre è intenso il legame tra il massiccio e il territorio che lo circonda, fin dal tempo degli etruschi il Pratomagno è stato centro vitale delle attività quotidiane delle genti che lo abitavano. Possiamo vedere dei resti di un grandioso tempio, sopra al quale è stata edificata la Pieve di S.Antonino a Socana, di questo è allo scoperto una grande ara per i sacrifici e la gradinata di accesso. Sulle sue pendici nacquero centri abitati, luoghi di culto e vie di comunicazione tra il Tirreno e Adriatico, o più semplicemente tra le due vallate. All’età dei romani il Pratomagno era attraversato da due vie: quella casentinese dalla flaminia minore che collegava Bologna ad Arezzo, e quella del Valdarno dalla Cassia Vetus, che corrisponde all’attuale setteponti. Probabilmente i nomi di alcune località provano l’esistenza di questi già in epoca etrusca e romana quali ad esempio: Carra(Carna nel medioevo, dea della gestazione degli animali), Talla( dall’etrusca Thalma, dea dei parti), Tennano ( da Tinia, il Giove degli etruschi), Bonano (dalla dea Bona), Larniano (dal dio Laran). Tuttavia non è chiaro come poter distinguere questi nomi dell’età etrusca da quelli di civiltà più antiche, come ad esempio il nome Arno. Questo infatti ci rimanderebbe ad un epoca anteriore alle civiltà dell’Italia antica, perché ricorre dalla Turchia alla penisola iberica. Mentre i nomi di alcune località del Valdarno come: Certignano, Persignano, Pulliciano, Galligiano, Cignano, Treggiano e del Casentino come: Bibbiano, Ortignano, Bicciano, Meliciano, Baciano, Caliano, Lorenzano rimandono alle centurie romane, ovvero ripartizioni organizzative del territorio. Della ripartizione organizzativa del territorio rimane il confine fra il Fiesole ed Arezzo, che tutt’oggi separa le due diocesi.
Il Pratomagno, con il suo crinale e i valichi, fu testimone dell’avanzata dei Longobardi nel territorio bizantino, come ce lo testimonia titoli di chiese di santi dell’area ravennate come Apollinare, Vitale, Mamante o Sant’Agata. Con l’arrivo dei longobardi si insediano nel territorio nomi tipici di questo dominio come: Sala, edificio per la raccolta dei prodotti requisiti alla popolazione sottomessa, Cafaggio o Caggio, territorio riservato ai vinti, Carda, sede di un presidio.
Nei secoli XIII-XIV il Pratomagno subì molto duramente le conflittualità fra Arezzo e Firenze, conflittualità che terminò nel 1384 quando Arezzo si sottomise a Firenze.
Come sappiamo il Pratomagno si suddivide in tre grandi settori: il versante sud occidentale, quello nord orientale, e il crinale: il primo è quello più caldo ed asciutto il secondo umido e più freddo. Nella zona del Valdarno, quella esposta a sud, seguendo un criterio altimetrico possiamo vedere prima dei bei terrazzi di vigneti, oliveti, colture di cereali, poi salendo di quota troviamo boschi cedui e pinete di pino marittimo. Andando sempre più in alto troveremo castagni e sopra i 1000 inizia il dominio dei faggi.
Nel versante casentinese il clima è un po’ diverso, le formazioni forestali sono simili a quelle del Valdarno solo che i limiti tra le fasce sono spostati un po’più in basso.
Infine il crinale che va da Monte Lori fino alle Foreste demaniali di Vallombrosa, è composto da praterie, i punti più alti sono: il monte Secchieta (1450), il monte Pianellaccio (1592) e Poggio Massarecci (1548). Queste praterie, sono state disboscate dall’uomo per creare pascoli durante l’estate, infatti a quest’altezza si fa sentire meno la siccità e si creano le condizioni migliori per disporre di più foraggi.
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